PROSPERO ALPINI “a caccia di fiori” NELLE MONTAGNE DEL VICENTINO

Prospero Alpini (1553-1616), medico, botanico e viaggiatore, si è detto molto e, per motivi di spazio, rimandiamo chi vuole conoscere la sua figura agli atti dei convegni tenutisi a Marostica (ad esempio, in data 16.10.1983 e 23.11.2003) ed alle relative bibliografie. In questa breve nota si propone solo un breve accenno ad un aspetto della sua attività che finora è stato poco affrontato: la sua attività di esploratore ed erborizzatore nei nostri colli e nei nostri monti. Preliminarmente va ricordato che in quei tempi, ovvero a cavallo tra XVI e XVII secolo, non esisteva ancora la figura del botanico come lo intendiamo oggi, ovvero dello studioso che percorre un luogo per catalogarne le piante, per descriverne gli ambienti, per cercarvi le rarità. Chi andava per erbe era solo il medico e costui lo faceva sostanzialmente per necessità, ovvero per trovare quelle di cui fare uso nei medicamenti da preparare. Va però anche detto, per capire meglio l’epoca in cui svolse la sua attività, che dopo il Rinascimento avvenne che questi medici-botanici iniziarono ad esplorare davvero il territorio poiché non si accontentavano più delle solite indicazioni che si trovavano nei libri dei vecchi maestri (Dioscoride, Teofrasto) ma avevano capito che “fuori di casa” c’era una natura intera tutta da conoscere e da indagare con ottime probabilità di trovarvi erbe nuove, fino ad allora sconosciute, per farne medicamenti innovativi. Perciò, anche se ne abbiamo trovato finora pochissime notizie dirette (mancano un suo diario, un suo erbario, un suo testo specifico), è assolutamente certo che anche Prospero Alpini si sia cimentato in questa esplorazione dei territori bassanesi per arricchire le sue conoscenze sulle erbe (almeno nei periodi in cui dimorò e operò in zona). È già stato più volte ricordato il caso della nuova Campanula da lui scoperta in Valle S. Felicita, alle pendici del Grappa (si veda negli atti sopra citati.)

Ciò prova, per di più, che non aveva paura di addentrarsi in luoghi allora orridi e pericolosi.
Un altro dei pochissimi indizi di questa sua attività, finora poco messo in risalto, è relativo ad un’altra erba
che osservò e raccolse nei colli di Marostica. Si tratta di un Raponzolo, appartenente al genere Phyteuma
ma di problematica identificazione quanto alla specie esatta. L’iconografia, presente in De Plantis exoticis, non aiuta poiché poco precisa (esistono in natura molte specie del genere Phyteuma, spesso assai simili) ma una buona ipotesi si può fare puntando l’attenzione al nome usato dall’Alpini: Rapunculus petreus. Pur tenendo presente che siamo in epoca prelinneana, e che perciò molti di questi nomi poi vennero sostituiti nel linguaggio botanico moderno, l’aggettivo petreus può far pensare ad una pianticella rupestre (petreus = delle pietre) e quindi, date le quote dei colli di Marostica, all’identificazione con il Phyteuma scheuchzeri.

Comunque sia, è una delle poche prove finora accertate di questa sua attività di indagatore della natura di casa nostra. Ci piace concludere ricordando che nell’epistolario del naturalista Alberto Parolini
(1788-1867), conservato al Museo di Bassano, esiste uno scambio di lettere con il grande decano dei botanici di allora, Antonio Bertoloni di Bologna, avente come oggetto proprio questa pianta enigmatica.
Detto in altre parole, l’auspicio di questa breve comunicazione è che nuove e più approfondite ricerche possano portare a trovare altre fonti e altre prove che documentino l’attività esploratrice e davvero pionieristica dell’Alpini nei nostri monti.

GIUSEPPE BUSNARDO
Botanico

Prospero Alpini De Plantis Exotics libri duo, Venetiis apud lo Guerilium (1627), frontespizio